Picasso: Stile, Firma e Titolo

Picasso: Stile, Firma e Titolo

Nelle Avanguardie, più che parlare di pittori veri e propri o di artisti possiamo parlare di Stilisti. Dopo l’incontro tra la collezionista americana Gertrude Stein e Pablo Picasso avvenuto nell’Atelier dell’artista per eseguire il ritratto della ricca ereditiera e futura Matriarca cosmopolita, il pittore per poter entrare a far parte di una Scuderia d’Arte cosmopolita americana o internazionale, doveva ricercare uno “stile pittorico” unico, riconoscibile, diverso dal modo di dipingere dei concorrenti pittori, tale da improntare ed accedere al Copy Right per tutelare il proprio prodotto (modo di dipingere). Picasso, per essere un vincente, dovevano inventare di sana pianta e un stile proprio, folle, mai prima visto in Arte. Nascono “Les Demoiselles d’Avignon”. Fu scandalo.

Secondo la Stein lo “stile” è un marchio di fabbrica tale da riconoscere un autore dal modo di dipingere o stile anche se il quadro non è firmato in quanto, quello stile essendo una invenzione inconfutabile dell’artista non può e non deve essere copiato altrimenti si apre una vertenza legale contro i millantatori e i copisti.

Più lo “stile” è originale e più alta è la garanzia che non si produca sul mercato una inflazione artistica all’insaputa dell’inventore. Per evitare ciò, e amministrare il grande patrimonio che cresceva di volta in volta, Picasso dispose per tutta la vita di una segretaria di fede, una fedelissima che teneva i registri di vendita dei quadri (numeri di serie) in perfetto ordine anagrafico e ben catalogati. Dora Maar: “ Io non ero la sua amante, lui era il mio padrone”. La catalogazione amministrativa era di pertinenza tra la segretaria dello stilista e dei galleristi distributori. Per proteggere quella invenzione, l’artista doveva iscriversi all’ufficio brevetti e depositare il proprio “Stile”. A questo punto il collezionista si sentiva tutelato sul patrimonio economico sborsato e la futura rendita che questo generava tra cataloghi, esposizioni e gettiti pubblicitari.

La “Firma” sarà il protocollo che permetterà la convalida dello “stile d’autore”. Per il collezionista, un quadro, essendo pagato per una ragione che esula dall’arte, ma acquistato sotto forma di finanziamento legale, o di investimento, oppure per il finanziamento illecito di operazioni commerciali e politiche da non rendere nota la provenienza del finanziatore eversivo, la proprietà restava segreta. Soli il Notaio era a conoscenza, ecco perché molti noti artisti di Avanguardia erano figli di notai.

Questo modo di procedere è annesso alle rivoluzioni politiche e commerciali avvenute in Europa all’inizio del novecento. La rivoluzione industriale, poiché procedeva a passo lesto e quindi poteva sfuggire al controllo dei cosmopoliti, questi dovevano assumersi i rischi finanziari e di monopolio promuovendo rivoluzioni in tutti i settori di controllo di uno stato da conquistare.

Poiché le famiglie cosmopolite nel mondo sono tantissime, disciplinate e ben mimetizzate e alla conquista di tutto ciò di cui possono farne Monopolio, come ad esempio il mondo industriale generatore di Grandi economie mondiali, la copertura finanziaria degli investimenti abbisognava di molte “ricevute bancarie” pari alla portata immensa delle rivoluzioni e guerre programmate in atto.

Il quadro d’autore, riconosciuto come di uno “stilista” meritevole e affidabile, ricevendo una alta somma a prestito per l’Opera, impegna l’artista e il gallerista sulla buona riuscita dell’operazione finanziarie in corso. Per fare ciò ci voleva una “garanzia bancaria”. L’arte diventa Forma, Titolo e Firma; poi, un numero di serie e una banca che attesti il deposito avvenuto per quella operazione imprenditoriale. Essendo il cosmopolitismo un ente internazionale e quindi senza confini, per regolamentare tutto gli abbisognava un mercato regolatore: ecco apparire il Mercato d’Arte Moderna al Salon di Parigi. (fiera del quadro)

Il quadro catalogato, sul nascere, in caso di furto, non seguendo i canali ufficiali di vendita, (Asta) allerta tutti i “collezionisti unificati” a non comperare mai quel prodotto in quanto, la copertura finanziaria veniva sospesa per motivi legali, in caso di ritrovamento dell’opera, il malcapitato che ne aveva fatto acquisto speculativo restava senza copertura finanziaria sborsata. Il quadro catalogato, tornava al legittimo proprietario dopo la convalida dagli ispettori del Mercato. Il quadro ritrovato riprendeva il suo valore originario e diritto diporpietà.

Il Titolo
Il “Titolo” e la Firma sono il vero valore del quadro e non l’opera in quanto, esso è la rappresentazione monetaria della conquista avvenuta al Monopolio e che ne determina il Valore; esempio: se nel campo dei petroli, un petroliere finanzia l’operazione di conquista dei pozzi iracheni, quei pozzi diventati di proprietà di una nuova forza esterna conquistatrice, quando vuol vendere le quote di maggioranza, non dice a chi le vende, ma il quadro “Titolo” che ne assume il valore d’investimento bellico passa nelle mani di un nuovo collezionista di titoli. Le quote finanziarie dei quelle pompe di petrolio passano al nuovo acquirente del quadro accollato e ne avrà Titolo e possesso.

Quando all’Asta si vende un quadro di Picasso del valore simbolico 100 milioni di dollari… la domanda è la seguente: ” quale Titolo di Maggioranza è stato venduto a chi? a che copertura? e di che cosa?”
Quindi , i capolavori d’arte moderna delle Avanguardie sono “Titoli” di fatto e cedevoli, corrispondenti all’utile di esercizio che quel finanziamento renderebbe sotto forma di Proprietà di Capitale. La copertura politica avvenuta o bellica precedentemente finanziata è da indagare nel cosmopolitismo.

… e l’Arte?

I Critici Ufficiali sprecheranno fiumi di belle parole a sostegno del loro Valore Aggiunto (che gli verrà riconosciuto) ciò, per non fare deprezzare l’Opera in crisi divenuta Critica.

Eppure non erano comunisti di fatto, ma… cosmopoliti si.

Le indagini proseguono: “il collezionista finanziatore”.