Red Rose; Crisalidi

Crisalidi notturne

Vedovo, cammino solitario nella notte.
Il passo è lento, calmo sul marciapiede,
non devo andare da nessuna parte;
voglio respirare un poco di aria pura
priva di inquinamento maleodorante
che nella notte disceso ovunque sui prati
stermina ogni piccola creatura nei parchi.

Le finestrelle accese urbane sono le scale
altre al neon sono gli uffici reclamizzati,
i semafori gialli pulsano intermittenti
non c’è in giro nessuno per le strada ferme
solo una pattuglia minacciosa, mi fermerà.
Che faccio! Scappo?

“Mani in alto! Documenti!” La mano è armata.

“Lo sa che è l’ora del coprifuoco?
Lei cosa fa in giro?
” E burbera:
La multa non glie la toglie nessuno
sono 400 Euro, documenti,”

A me che no ho domicilio, espulso di casa
gettato fuori dalla mia Patria dal fittavolo,
un cittadino avido disonesto che dai pandemici
pretende una pigione giuridica minacciasfratti
con fattura di 450 euro di prezzolato Avvocato,
come queste guardie padroni di prigioni
fannulloni democratici in cerca di facili guadagni.

Ah! Il capitale, che disgrazia!
Quanti appestati ha da spolpare e sanare.

Direi: “Non ho casa, non ho Patria” ma taccio
“nessuno mi alberga o mi apre la porta di casa”
non servono parole di sfida ad un nullatenente,
il verbale non sarà pagato senza eredi e residenza.

Un giorno espatrierò in punta di piedi
come fanno i migranti e migratori alati
lasciandoli insoluti i loro crediti esagerati.

Soddisfatti, pingui di tanto facile danaro,
l’ordine militare eseguito procede la caccia,
s’aggirano blu intermittenti accomodati
dopo la promessa di tornare io svelto a casa.

Quale casa? ( hehehe), poveri pirla.

Ora la città posso ammirare tranquillo
io, poeta, col verbale in tasca fasullo,
ho un lasciapassare per molte sere ancora
poiché distratti è rilasciato privo di data.

E cammino sui marciapiedi del quartiere
Lager dove vissi recluso più di 40 anni;
ogni porta è sprangata allo straniero
tutti prigionieri nel proprio maniero
chiamano Patria… la loro Patria

Mia no di certo, visto che per abitarla
pagavo agli italiani tutto, io italiano…
pagavo vizi e lussuria agli italiani avidi
democratici.

E Selene in cielo biancheggia e mi sorride
facendoci il reciproco occhiolino, le dico:
I privatisti sono tutti prigionieri in casa
come crisalidi avvolti nel proprio baco,
sognano tranquilli, altri si disperano,
avvolti nei bozzoli singoli i minori ignari,
nei matrimoniali i genitori angosciati
nel silenzio tombale, regno dei cimiteri
che tra le angosce l’inferno spalanca.

il “Ministro della Paura” con il CoronaVirus
li ha sistemati per benino prima di andare
a dormire, L’Apocalisse s’avvererà: il 5G
ci farà tutti prigionieri, anche le Banche
Centrali cresciute più alte delle Cattedrali

Che se ne faranno se impiegati distanziati?

E passa la guardia notturna in bicicletta,
le mostro il verbale: “tutto bene vado a casa!”
la Luna bianca mi sorride divertita mentre
m’allerta il rombo di un aereo militare cupo in cielo:

lo guardo, minaccia severo un bombardamento,
forse… ma procede lento come temporale di ronda,
rilascia l’aerosol per la disinfestazione di massa
lo sento dall’odore e procede… poi ritorna,
Avanti indietro come un trattore espande
il suo concime di morte batteriologica.

Mi metto la mascherina e un bel vaffanculo
all’aviazione, “coprifuoco dalle 10 di sera” seee…
eccola la loro ragione; il veleno viene sparso,
cammino tranquillo col mio respiro soffocato
mentre il merlo fischia il canto del risveglio:

Ore 04,30 del mattino l’aereo non fa ritorno
il peggio è passato, Nessuna ambulanza notturna,
le pattuglie lampeggiante sparite sapeva tutto,
le ho già anticipato le mie spese funerarie
che vedranno dissolversi nel vento.

I colombi storditi sembrano star male a terra
paiono covare sulle zampette molli accasiate,
la testa ciondolano, ansimano, si disperano
mentre le vespe stecchite sono del giorno prima.

Le crisalidi notturne proseguono il sonno nei bachi
di lino, sudari e lenzuola, il lavoro non li attende:
è fallimento per molti operosi, nessuno li attende
cosi passeggiando rimembro le rime scolastiche :
“…Venezia, l’ultima tua ora è venuta
illustre martire tu sei perduta.
Il morbo infuria , il pan ci manca
sul ponte sventola bandiera Bianca.”


Corona, mia benedetta Corona…
grazie dell’avvento salvifico,
puntuale come avevi promesso
puntuale come una nera Cometa.

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Red Rose: Ricordanza

Ricordanza

Non amo i fiori, sono argomenti per donne
ornamento delle tombe in memoria dell’amore,
quelli di plastica sono per avi di furbi parenti
evidenziano sbiaditi la lunga dimenticanza.

I giardinetti interrati si, sanno di sapienza,
rilasciano alla Natura il fu fatal respiro; essa
accarezza nelle stagioni il delicato andamento
e al bel risveglio del verde li adorna in fiore.

Il cipressino è cresciuto, ombreggia la lapide grigia,
impone la cima acuta una meridiana stagionale,
le rose della nonna che riposa accanto, mutano,
pare nel sepolcro rivestirle la povera seta smunta.

E cammino tra le lapidi pensandoli altrove
in luoghi desolati privi di fiori e sole
non s’ode parola, preghiera o lamento
ma passi che scricchiolano la ghiaia bianca.

Eccola la vedova raccolta nel suo timore.
sembra rancore, certamente è delusione,
ha tra le mani un mazzolino di fiori nani
gli occhi lacrima ancora pulendo la croce.


Red Rose
(poeta orfico)

Red Rose: Lacrimosa

Rosa lacrimosa

Rosa si dispera nella sofferenza lacrimosa,
lamenta tormenti di un destino ingrato
mai vaticinato da veggente o indovino,
che dall’amato cui si congiunse nella fede
dei giuramenti sacrali, per leggerezza
incosciente fu d’amore diseredata
per un altra più attraente, bella e seducente,
capricciosa, gioiosa: impari da sfidare
nella lussuria dei tradimenti carnali.

Rosa lacrimosa, chi potrà mai consolare
il tuo sterno affranto da forti patimenti,
fermare alla fonte lacrimale sgorganti rii,
funebri e funesti, resi salmastri dall’odio,
e privi di parole per la commiserazione,
distraendoti dalla rea situazione, ma invano,
scaraventata di getto nella disperazione
dove nulla è a conforto o pronunciabile,
nulla, per chi la poesia, come strappata veste
a commozione altrui e sopraffatto muto.

Non so cosa dire se nell’abbraccio restare.

Mia Lacrimosa, mio dolce pianto infuocato,
le tenebre hanno avuto il sopravvento
oscurandoti la mente con sudari trasparenti,
bruni veli a ragnatela immobili vischiose
dove il ragno assassino rivendica il pasto
morboso in punta di piedi sui nervi a paresi,
così ti vuole avvolta ed esposta alla vergogna
d’essere stata tradita, come se tua fosse la colpa,
colpa subita e profonda ferita infertati.

Abbandonata in se stessa nell’abbraccio,
volto pietoso nasconde l’anima tradita.
“Salvami” – implora – “salvami ti prego“.
Indietro non si torna, lo so, o forse…

E lo chiami, lo richiami e lo invochi nell’oltre
di un “perché?'” sperando che torni, ma non torna;
non può più tornare indietro dalla ripudiata
ma di gioia si nutre con la nuova porno infantile.

Nulla può consolarla,
che amore prontamente di donna offesa,
strazi e rabbia tutto soffocherebbe lacrimosa
per quel disperato amor proprio di ritorno,
ma non l’offesa, quella resterà sempre e lui lo sa
e se ne frega, per ciò il traditore non ritorna
e Rosa lacrimosa amara si dispera condannata
negli inferi della mente per aver amato
quel demone incosciente e mi dispera:
“Ho nel ventre suo figlio cosa faccio?
…aiutami ti prego.”

Red Rose: Diceva

Privet Love:

Lamenta:.”in fin dei conti
nessuno mi insegnò ad amare
.”
Gli amici dicevano: “si fa cosi“,
imitandoli.
A lei non piacque e lo lasciò
a due mesi dal matrimonio.

Ancora adesso lamenta che non sa
come comportarsi con le donne:
Non so se piaccio o se sbaglio ancora
dannandomi nella cerchia di segrete stanze.”

Va a prostitute senza pretese d’imparare
e ci riprova con quelle ripensandola.
Lei, la sua prima volta, che tanto amò,
colei che diceva che non seppe amarla
non riuscendo più a distaccarsi dal peccato,
amandolo, amandola viva nel ricordo.”



Red Rose
(poeta orfico)

Poesia cosmica n. 65

Caravaggio: dovevamo spostare le cornee

Piuttosto Covid
(poesia cosmica)

All’Apogeo ci stavamo avvicinando.
Camminavamo spediti senza ragione
senza raggiungerlo mai, tanto,
non ci credeva nessuno, nessuno,
poi, ad un tratto: STOOOPP!!

“Fermate! Fermate tutto!
fermatevi immediatamente Vi prego!”
Fermatevi E’UN ORDINE!!”

Fu spavento, sgomento.

L’Astro vietato non è una costellazione,
ma costernazione quell’apparire cometa,
presagio sotto forma di appuntamento
nelle vesti di una Corona severa.

Fu fremito apocalittico:
“NO, la Corona no! Non voglio, non la voglio!
Non voglio che sia o che si sappia!

“Spegnete della ribalta, motori e luci
ma non nominate più quella parola invano:
“Segretatela!”

Piuttosto… chiamatela diversamente,
che ne so, un altro nome astrofisico,
metafisico, insomma l’altra metà no!
ma non chiamatela Corona! Perdio!
Non lo sopporto, non voglio.

Guai se venissero a sapere la verità.
Guai!….

Dite che è un ceppo Covid inguaribile,
tanto, che ne sanno loro, mica lo sanno,
non sanno nemmeno cosa sia.

“Ma Corona no! Corona non voglio!,
Guai se divulgata. Guai … (mi fa paura)”

All’Apogeo ci si avvicinava ugualmente,
presagio di un presidio da non raggiungere,
da non divulgare, da tenere nascosta anche
alle tenebre stesse. Torniamo indietro,
lentamente, senza scosse e rumore,
nessuno, dico, nessuno deve sapere.

Dovevamo tornare indietro; “Piuttosto
preferisco pagare, pago tutto io
di persona” diceva.

Dallo spavento ci ammutolimmo
senza sapere perché. Era “vietato parlarne”.

Dovevamo spostare le cornee e cambiare
il colore dell’Iride altrimenti riconosciuti,
oppure: oscurarle con lenti a contatto scure,
tipo “Oci Ciornie” sotto cornee.

Fu vietato! Fu silenzio stampa e tanto diniego,
divago, un divagare scemo in Televisione.


RedRose: Sera

(Ade: “…mai voltarsi indietro”)

il sole tramontava su di te
quella luce diceva: è sera.
orata catenina sul petto
fine e nobile sul decolté.

Parli e non sai che dici, ma parli
forse di niente per avermi qui,
un poco scollata il petto offri
invito a desiderare te.

E lo so da come mi guardi
lo sai da come ti guardo
e lo so da come ti offri,
fusi nello stesso Eden.

Dove sei mio perduto amore
dove ci siamo lasciati
dove abbiamo sbagliato
dove ci siamo smarriti?

Deposto su di te il mio inchino
quella sera ci amammo cosi.
Era sera, ricordo che era sera,
non dovevi riaffiorami mai più.

Corilla n. 59

Di sto passo dove andremo a finire.

Mio padre guarda spesso il cielo,
ripete: “Sono scomparsi gli Usignoli”
Volavano alto in cielo stando fermi,
amavano cantare a squarciagola alti
sulle spighe dorate oscillanti al vento
sopra le erbe mediche di montagna.
Profondamente commosso mio padre
ripete: “Sono scomparsi dal cielo
anche i piccoli Usignoli…”


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Poesia Cosmica n. 54

Angeli degli infermi

Si era tolta dal volto il coraggio
si guardava allo specchio disperata,
qualcuna in bagno piangeva forte.
Ricomposta la maschera, uscì l’infermiera
ripetendo: “Bisogna essere positivi, positivi…”
litania imparata al corso ad alta voce.

Gli occhi spalancava verso gli orrendi asfissiati
bocche spalancate per rubare ultimi morsi d’aria.
“Dio proteggerà l’America!” urlava “ci proteggerà!”
e si adoperava militante tra i letti agonizzanti.

L’ asiatica disperava senza mascherina:
“America, perché Dio a voi si e noi no?”

foto: infermiera asiatica.


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