Bella la si sapeva e a lui bellissimo ella s’addiceva e sguardo miopie evaso le rendeva la dolcezza più soave. Tenero volto su alto collo esaltava in capo la pittrice una crocchia virginea cinta di nastri rossi adorni ove infilzava i pennelli indisusi tra i suoi capelli d’oro.
Si volse come richiamata da sguardo su di lei fisso e meravigliata all’imbambolato dona un sorpreso lampo; Putto l’ arciere dalle punte dorate entrambi li trafisse, e, pur non conoscendosi in quell’istante tutto di loro infuse.
Sfugge allibita lo sguardo la bella osservata intimidita e all’angolo opposto perplessa lo pone senza moto, sospesa poi, riaccomoda delicata su di lui il punto fisso incuriosita, e, tutta si sente avvampare e il desiderio di conoscerlo accrebbe.
l’Arte, io l’amo lei mi mal sopporta e non so perché credo di non saperlo forse perché non so amare.
si, credo di non saperla amare perché non sono mai stato amato mai corrisposto mai ricercato e non so come si possa amare chi non ti ama, non so ditemelo voi tiene le distanze è severa con me.
mi guarda mi scruta e tace non dice niente fa finta di niente sta sulle sue quindi vivo senza lei anche senza lei
eppure, quando non mi guarda giuro, solitario la cerco la osservo posseduta da altri e mi guarda, la guardo e penso: “meriti di meglio”
lei zitta mi scruta severa poi me ne vado come tanti mai corrisposti in cerca di un arte d’amare che non troveranno, mai.
Sono un poeta, così credevo di essere. Nessun tramonto mi fa impazzire, solo tristezza alle cinque della sera. Non ricordo d’essere stato poeta emotivo davanti al tramonto come accademia esige: “Se non ti emozioni davanti al tramonto non sarai mai un poeta vero! (Chi se ne frega)
L’ora della minestra s’avvicina.
Pelare le acre patate, sfilettare sedani e verdi cornetti dalle cima in giù, verdure scure, carote, ampio cavolo e fagioli; spezzare su occhi d’olio le lacrimevole cipolle, odorano di sudore come le ragazze rosse, cosi belle alle cinque della sera spettinate coi capelli ramati splendenti in controluce e smeraldi gli occhi su pel di carota; buffe a vedersi ma carine da infastidire o per divertimento stuzzicare.
La mia minestra si chiama Claudia è rossa e bella, mi ama, io… guai per lei. Tutto il giorno mi rincorre divertita ma alle cinque della sera: “Claudia dai.. metti su te il minestrone, mi fa schifo lo sai.” Non so perché, mi fa sentire la morte addosso.
Poi alle ore otto della sera tramontata, il minestrone sa di un buoooono “mmmmhh”. “Ruffiano” mi rimprovera ” meriteresti pane e formaggio come i topi” e sorride, lei, che sul volto e crini ha ancora i colori infuocati delle cinque di sera e di scintille ramate brilla ancora al lume della candela, immersa nel lieve odore di cipolla cruda, d’amore sudata tra limonati baci e strazi, la mia ragazza innamorata, rossa infuocata come le 5 della sera.
Scrive un mio vecchio avversario politico e caro amico personale che poco tempo fa, nel Comune di cui lui fu a lungo sindaco, nel corso dello “smantellamento” di una biblioteca comunale, sono stati scartati, gettandoli in un cassonetto, dei libri perché considerati “obsoleti o non più interessanti”. Tra quelli scartati, una collezione di libri di Gabriele D’Annunzio, comperati dal podestà nel 1938, custoditi poi da 5 sindaci comunisti. Ed ora mandati al macero da sindaco e giunta di destra.
Ecco perché non c’è più speranza.
————————————————- Enea Anchise
Caro compagno, il “decadentismo” è un lungo processo mentale del tipo senile (sfascismo). Che il decadentismo sia anche biologico ce lo dimostra tutti i giorni la vecchiaia combattuta con orpelli e finte pose. L’invecchiamento è notturno. Ci si alza all’alba e si è diversi da ieri, non per data anagrafica ma perché le “cellule” si riproducono di meno e il corpo biologico invecchia.
Così è il “corpo politico” senza più “cellule”, invecchia, muore.
Fatiscenza è ciò che oltrepassa la decadenza, disgregazione dovuta alla perdita progressiva di vitalità ed efficienza, manifestando deficienze. Il Decadentismo fu una corrente di pensiero francese che si appropriò dell’aggettivo per qualificare il fallimento politico della borghesia di Francia sul finire dell’ottocento cercando di rinnovarla, invano. L’opera di Paul Verlaine “Languer” (languore) ha battezzato la corrente artistica nello stato d’animo di chi, rassegnato, era in evidente stato di “decadenza”; quindi, tutto il modernismo in arte a seguire dalle Avanguardie in poi era il suo proseguo destinato e truccato.
In quella “rivoluzione reazionaria” vedrà le destre avanzare in tutta Europa insieme ai nostri baldanzosi Futuristi italiani, non a caso, reazionari, spinti da una forza di rinnovamento tecnoindustriale forzata da “positivismi” ma che tali non si riveleranno mai essere. L’intenzione era buona solo sul loro Manifesto: GERARCHIA.
Qui s’innesca il nostro Gabriele D’Annunzio.
Il Poeta, che si spacciava Profeta della nuova società industriale avanzando baldanzoso e bombardando dal suo aereo giocattolo l’umanità sottostante, si trasformò in criminale patriota applaudito, come se uccidere a distanza fosse legale e onorifico. Dopo la ferita all’occhio (che perderà) fece uso di morfine, droga per alleviare il dolore, trascendendo il pensiero in beatitudini oppiacee. L’agiatezza ricavata delle sue imprese militari e politiche, le droghe poi, lo porteranno verso mondi paradisiaci lontani dai militari, direzionandosi alla scoperta del “Poetico” mondo romantico e convalescente, scoprendo nella parola italiana, l’origine della cultura latina divenuta romana imperiale che il Dux assunse ufficialmente il poeta Orazio nelle scuole italiane come capostipite del pensiero Patria elaborato dal poeta antico. Da parte del Dux e D’Annunzio, Orazio fu il poeta romano preferito a Virgilio per una ragione da spiegarti in privata sede perché, quella scelta nasconde un se un segreto storico inquietante. Le nuove destre italiane – che non sono italiane e nemmeno destre – sono gli stessi “sfascisti” disseminati in Europa che si spacceranno pubblicamente rivoluzionari. Il D’Annunzio a suo tempo si accorgerà troppo tardi dell’intrigo.
Da li, il Poeta si staccherà dal potere mistico del fascismo per un nuovo balzo poetico aereo. Le sue parole assumeranno – condite di morfina – una vena poetica che lo spingeranno a comporre opere di sublime bellezza arricchendo il vocabolario scarno degli italiani resi Balilla e Avanguardisti divenendo egli materia didattica sperando di acculturarli in meglio… ma invano.
Belli erano belli, arditi pure e ginnici. “Tutto corpo e niente spirito” , truffatori che bindolarono anche voi socialisti, ricordi? cavalcandovi prima e gettati da cavallo poi. Eppure anche Gabriele d’Annunzio fu un vessillo sotto bandiera italiana. Leggendolo bene non sarà più cosi ma avvinto ad un destino che lo vedrà esiliato per sempre al Vittoriale.
Oggi quel D’Annunzio non ha più senso perché la parola italiana da lui magistralmente ripulita si sta inquinando di lessico anglosassone a sgambetto e volgarismi sottoproletari scurrili. L’analfabetismo funzionale” informatico sta diventando un affare di Stato (ciò è molto preoccupante), cittadini ridotti forzatamente agli arresti domiciliari per assorbire incoscienti, eccessive bordate immaginifiche dalla cinematografia americana commerciale diffusa da emittenti “private” nazionali già nate appositamente decadenti con ciarle scurrili da condottieri televisivi di un popolo allo sbando. Il “Funzionario funzionale” è il prodotto telematico responsabile del decadimento totale, ma non solo del lessico italiano, ma anche per l’Arte stessa, la Cultura, il Parlamento, perché i Media sono diretti da scaltri decadenti che hanno promosso per anni questa loro sottocultura capitale sapendosi l’unico potere popolare dal quale ha avuto consenso.
L’ignoranza è un virus letale, se non lo si arresta dilaga.
Se il Sindaco di quel Comune indicato, caro compagno Nino, è arrivato alla sua funzione di stato letteralmente ignorante, peggio ancora se “analfabeta funzionale, acclamato, applaudito e votato, è normale che cestini nell’immondizia Gabriele D’Annunzio in quanto, tutto ciò è in linea con l’oscurantismo che si sta promuovendo e avanzando, e non solo, ma sperperare un patrimonio editoriale difficile da riorganizzare dopo la loro caduta, con quello scempio inquisitorio personale e di Giunta, fanno terra bruciata per la ripresa futura. Qui riconosco il tuo lamento finale come preoccupante.
Ascolta, e ricordati queste parole scardinanti di chi poeta oltrepassando i confini del reale scoprì all’origine delle parole e con stupore, un qualcosa di universale e pagano che va ben oltre la favella di chi la ode e ama:
Taci. Su le soglie Del bosco non odo Parole che dici Umane; ma odo Parole più nuove Che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove Dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici Salmastre ed arse, Piove su i pini Scagliosi ed irti, Piove su i mirti divini, Su le ginestre fulgenti Di fiori accolti, Su i ginepri folti Di coccole aulenti, Piove su i nostri volti silvani, Piove su le nostre mani ignude, Su i nostri vestimenti leggieri, Su i freschi pensieri Che l’anima schiude novella, Su la favola bella che ieri T’illuse, che oggi m’illude, O Ermione. Odi? La pioggia cade… (e prosegue)
Gabriele D’Annunzio
Prendi atto Prendo atto Viviamo d’illusioni e ciechi al reale che accade.
Troppo firmamento sconvolse l’ordine infinite parole caddero nel vuoto obbiettivi rimasti a metà scompaiono femmine ansiose senza incontri ansimano. Uomini si spengono seduti davanti al vuoto per puntate televisive di chi non ha più parola, e sentono del potere battere lento il cuore fievole la speranza, forte la delusione ed è preoccupazione, quasi orrore.
Chi ci governerà senza televisione? Ai divani! Ai divani! Vogliamo illusioni!
All’Apogeo ci stavamo avvicinando. Camminavamo spediti senza ragione senza raggiungerlo mai, tanto, non ci credeva nessuno, nessuno, poi, ad un tratto: STOOOPP!!
“Fermate! Fermate tutto! fermatevi immediatamente Vi prego!” Fermatevi E’UN ORDINE!!”
Fu spavento, sgomento.
L’Astro vietato non è una costellazione, ma costernazione quell’apparire cometa, presagio sotto forma di appuntamento nelle vesti di una Corona severa.
Fu fremito apocalittico: “NO, la Corona no! Non voglio, non la voglio! Non voglio che sia o che si sappia!
“Spegnete della ribalta, motori e luci ma non nominate più quella parola invano: “Segretatela!”
Piuttosto… chiamatela diversamente, che ne so, un altro nome astrofisico, metafisico, insomma l’altra metà no! ma non chiamatela Corona! Perdio! Non lo sopporto, non voglio.
Guai se venissero a sapere la verità. Guai!….
Dite che è un ceppo Covid inguaribile, tanto, che ne sanno loro, mica lo sanno, non sanno nemmeno cosa sia.
“Ma Corona no! Corona non voglio!, Guai se divulgata. Guai … (mi fa paura)”
All’Apogeo ci si avvicinava ugualmente, presagio di un presidio da non raggiungere, da non divulgare, da tenere nascosta anche alle tenebre stesse. Torniamo indietro, lentamente, senza scosse e rumore, nessuno, dico, nessuno deve sapere.
Dovevamo tornare indietro; “Piuttosto preferisco pagare, pago tutto io di persona” diceva.
Dallo spavento ci ammutolimmo senza sapere perché. Era “vietato parlarne”.
Dovevamo spostare le cornee e cambiare il colore dell’Iride altrimenti riconosciuti, oppure: oscurarle con lenti a contatto scure, tipo “Oci Ciornie” sotto cornee.
Fu vietato! Fu silenzio stampa e tanto diniego, divago, un divagare scemo in Televisione.
L’umanità non sa più farsi cibo da se, lo compera, ma perché? Scaffali e scaffali pieni di tutto a buon prezzo ma noi no, noi non sappiamo fare niente se non che scegliere.
Da dove arriva tanto cibo confezionato, perché lo strillano con tanta falsa felicità inquinandoci le scelte la Pubblicità? (come avessero paura di non essere scelti.)
Ho messo 10 fagioli freschi in terra e sono cresciuti, cresciuti d’inverno nella mia terra abbandonata da anni.
“Ci riproduciamo sempre” mi dicono, dipende da te, impara le stagioni perché adesso abbiamo freddo e sorridevano, mi sorridevano divertiti.